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Sono felicissima di portarvi questo argomento che è da anni che sto aspettando di portare perché, quando qualcuno scopre o comprende qualcosa ne vuole fare subito dono a chi ama. Il titolo è “Oltre la vita cosa ci aspetta?” e riprendendo il libro scritto dal cardinale Angelo Scola, lo scopriamo: ci aspetta un nuovo inizio.

 

È un argomento tosto, è vero, io sono nata a braccetto della morte, e queste parole sono un pò una confessione, un donarmi a voi. Sono molto contenta di questo, conosco bene la morte e la prima cosa che desidero condividere è che non si deve avere paura di questa parola o di questo momento, però si deve conoscerla, bisogna avvicinarsi, bisogna comprendere di cosa stiamo parlando.

 

Ho messo tutta la mia vita su questa parola perché ho avuto la fortuna di avere dei nonni che mi hanno preparata, che mi hanno formata rispetto a questo argomento e la vita stessa mi ha permesso di conoscerla bene da vicino. Ovviamente ero una bambina che, come tutti i bambini, aveva un po' paura della morte quando si inizia ad avere la consapevolezza, ma ho avuto la fortuna di avere subito degli aiutatori che mi hanno avvicinato alla morte da più aspetti. Dal vedere l'uccellino morto e non poter fare niente per riportarlo in vita all'entrare ovviamente in situazioni più complesse.

 

Questa situazione mi ha portato inevitabilmente a fondare l'associazione che si chiama Aurlindin, che è l'acronimo delle iniziali dei miei tre nonni Aurelia, Lina e Dino. Manca un nonno, il papà di mia mamma, che è il nonno Bruno, lui è stato il grande aiutatore e gli ho voluto dare una parte diversa, non metterlo nel nome, ma sicuramente è stato il mio faro rispetto a questo.

 

L'associazione Aurlindin si basa di fatto su tre tappe di lavoro:


la prima, il sostegno alla famiglia, quindi proprio sostenere la famiglia che sta perdendo qualcuno, camminare con loro, stagli vicino, aiutarli in tutte le varie pratiche, nelle varie situazioni da burocratiche, a situazioni magari personali, persone che vogliono fare la pace prima che succeda qualcosa di inevitabile ed altre situazioni ancora, ma soprattutto nel sostegno c’è la preparazione, c’è la dedicazione all’altro;

 

poi c'è tutta la parte che lavora sull'accompagnamento al trapasso, quindi lavoriamo proprio con il malato, per comprendere cosa sta vivendo il malato sia da un punto di vista psico fisico, sia spirituale;

 

e l'ultima parte è l'elaborazione del lutto, cioè quando ovviamente il lutto è già compiuto, è già morta la persona.


Capite bene che poi c'è tutto un tempo di elaborazione che deve essere totalmente dedicato nel nostro lavorare con loro.

 

Ognuno di questi aspetti è stato per me la cosa naturale che dovevo, volevo e potevo fare, cioè, avendo un dono interiore ho detto “non posso stare qui a fare che cosa, devo creare questa associazione e così ho fatto”.

 

Desideravo iniziare a dirvi perché questo argomento mi è così caro, perché ci tengo.

Perché non si deve avere paura della morte, anche se capisco che può creare paura.


Perché prima di tutto quando noi pensiamo alla morte non dobbiamo pensare a vita,

dobbiamo pensare a nascita.



Daniela Lauber

 

Eccomi a voi, oggi vorrei condividere la lettura dell’ultimo libro scritto dal Cardinale Angelo Scola, che è stato arcivescovo di Milano, che si intitola “Nell’attesa di un nuovo inizio”.


Papa Francesco ha preparato la prefazione di questo libro che ha come tema la vecchiaia e ha esordito dicendo:


"Non abbiate paura di diventare vecchi, viviamo questo tempo della vita come una grazia e non come un risentimento, diventare vecchi è cosa naturale, il problema è come avviene, se con l'animo lieto o con risentimento verso qualcuno, verso qualcosa, verso la vita, se guarda un dopo che sfocia nel nulla oppure se nella certezza di una nuova vita quella inaugurata da Gesù. 


Angelo Scola ci parla della vecchiaia, della sua vecchiaia, che scrive con un tocco di confidenza disarmante: mi è venuta addosso con un'accelerazione improvvisa - ci dice lui che io ho conosciuto molto bene, era un uomo del fare proprio del muoversi, di dire, di scrivere e a un certo punto è stato travolto dalla malattia e da questo non essere più in grado di fare un sacco di cose.


"Per molti versi questa vecchiaia mi è arrivata in modo inaspettato, già nella scelta della parola con cui si autodefinisce vecchio trovo una consonanza con l’autore."


Quindi, il Papa si collega nello stesso ascolto rispetto al cardinale Scola. Sì, non dobbiamo avere paura della vecchiaia, non dobbiamo temere di abbracciare il diventare vecchi perché la vita è la vita e edulcorare la realtà significa tradire la verità delle cose.


Restituire fierezza a un termine troppo spesso considerato malsano è un gesto di cui essere grati al cardinale Scola perché dire vecchio non vuol dire da buttare, come talvolta una degradata cultura dello scarto porta a pensare, dire vecchio invece significa dire esperienza, saggezza, sapienza, discernimento, ponderatezza, ascolto, tenerezza, valori di cui abbiamo estremamente bisogno.


È vero, si diventa vecchi, ma non è questo il problema, il problema - dice Papa Francesco - è come si diventa vecchi, se si vive questo tempo della vita come una grazia, non come un risentimento, se si accoglie il tempo anche lungo in cui sperimentiamo forze ridotte, la fatica del corpo che aumenta, i riflessi non più uguali a quelli della nostra giovinezza con un senso di gratitudine, di riconoscenza ebbene, anche la vecchiaia diventa un'età della vita davvero feconda e che può irradiare del bene anche agli altri.


Angelo Scola poi evidenzia il valore umano e sociale dei nonni, più volte ho sottolineato come il ruolo dei nonni sia di fondamentale importanza per lo sviluppo equilibrato dei giovani, vedete, ancora adesso nell’attualità quanti giovani uccidono, sparano, proprio non hanno valore della vita né la loro né quella degli altri, e io sono convinta che invece quando c'è una bella radice o una buona radice di genitori o di nonni i figli crescono bene, e ognuno poi si deve assumere le proprie responsabilità, poi ci sono casi ovviamente in ogni famiglia però è importante sottolineare questo.


Perché il loro esempio, la parola dei nonni, la loro saggezza possono instillare nei più giovani uno sguardo lungo, non effimero, non superficiale, la memoria del passato e l'ancoraggio a valori che perdurano, quindi non sono collegati alla nostra generazione vasta, sono collegati anche alla loro.


Dentro la frenesia delle nostre società, spesso votate all'effimero e al gusto malsano dell'apparire, la sapienza dei nonni diventa un faro che brilla, che rischiara l'incertezza e dà la direzione ai nipoti che possono trarre dalla loro esperienza un di più rispetto al proprio vivere quotidiano.


Le parole che Angelo Scola dedica al tema della sofferenza che spesso si instaura nel diventare vecchi e di conseguenza alla morte sono gemme preziose di fede e di speranza.


"Queste sono pagine uscite dal pensiero e dall'affetto - dice Papa Francesco - del Cardinale Scola, non solo dal pensiero ma anche dalla dimensione affettiva che è quella cui la fede cristiana rimanda. Essendo il cristianesimo non tanto un'azione intellettiva o una scelta morale, bensì l'affezione a una persona, quel Cristo che ci è venuto incontro e ha deciso di chiamarci amici. Proprio a conclusione di queste pagine di Angelo Scola, che sono una confessione a cuore aperto di come egli si sta preparando, perché lui si sta preparando, è terminale, all'incontro finale con Gesù, ci restituiscono una consolante certezza. La morte non è la fine di tutto, ma l'inizio di qualcosa.


È un nuovo inizio come evidenzia saggiamente il titolo. Perché la vita eterna che chi ama già sperimenta sulla terra, dentro le occupazioni di ogni giorno, è iniziare qualcosa che non finirà.

Ed è proprio per questo motivo che è un inizio nuovo, perché vivremo qualcosa che mai abbiamo vissuto pienamente, ossia l'eternità."



Daniela Lauber


 
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